Niccol Machiavelli

 

Poesie varie

 

 

 

 

CANTI CARNASCIALESCHI

 

 

01
De diavoli iscacciati di cielo

Composto forse nel1502

 

Gi fummo, or non siam pi,

Spirti beati; per la superbia nostra

sino stati dal ciel tutti scacciati;

e in questa citt vostra

abbin preso il governo,

perch qui si dimostra

confusion, dolor pi che in inferno.

E fame e guerra e sangue e diaccio e foco,

sopra ciascun mortale,

abbin messo nel mondo a poco a poco;

e n questo carnovale

vegnno a star con voi,

perch di ciascun male

fatti sino e saren principio noi.

Plutone questo, e Proserpina quella

cha lato se gli posa;

donna sopra ogni donna al mondo bella.

Amor vince ogni cosa;

per vinse costui,

che mai non si riposa,

perchognun faccia quel chha fatto lui.

Ogni contento e scontento dAmore

da noi generato,

e l pianto e l riso e l diletto e l dolore,

chi fussi innamorato,

segua il nostro volere

e sar contentato;

perch dogni mal far piglin piacere.

 

 

02
Di amanti e donne disperati

Composto forse nel 1514

 

Udite, amanti, il lamentoso lutto

di noi che, disperati,

al basso centro [1], pauroso e brutto,

da dimon sin guidati;

perch da tante pene tormentati

fummo in quel tempo, amando gi costoro,

chagli infernali [2] ci din [3] per fuggir loro.

Le prece, i pianti, i singulti e sospiri

furno buttati a venti;

perch trovammo sempre i lor desiri

pronti a nostri tormenti;

tal che, deposti quei pensieri ardenti,

giudichino or, ne la servit nuova,

che crudelt fuor di lor non si trova.

 

DONNE

 

Quanto sie stato grande lamor vostro,

tanto il nostro anche stato;

ma non lavendo come voi dimostro,

per lonore restato.

Non per questo lamante ingiuriato;

ma viene al mondo a s brutta sentenza [4]

colui che ha pi furor che pazienza.

Ma perch perder voi troppo ci duole,

vi verren seguitando,

con suoni e canti e con dolze parole

gli spiriti placando;

ch, tolti voi dal viaggio nefando,

in vostra libert vi renderanno,

o di voi e di noi preda faranno.

 

AMANTI

 

Non pi tempo di piet concesso;

per tacer voglino:

e chi non fa quandegli ha tempo, appresso

si pente e prega invano.

E perch a questi dun voler ci dino,

ogni vostro pregar tutt nvan suto;

ch dispiacer non pu quel ch piaciuto.

 

DONNE

 

E per, donne, avendo alcuno amante

al vostro amor costretto,

per non trovarvi, come noi, errante,

fuggite ogni rispetto;

non gli mandate al regno maladetto:

ch chi dannazion provoca altrui,

a simil pena il ciel condanna lui.

 

 

03
Degli spiriti beati

Composto tra il 1522 e il 1524

 

Spirti beati sino,

che da celesti scanni

sin qui venuti a dimostrarci in terra,

poscia che noi veggino

il mondo in tanti affanni

e per lieve cagion s crudel guerra [5];

e mostrar a chi erra,

s come al Signor nostro al tutto piace

che si ponghin gi larme e stieno in pace.

Lempio e crudel martoro

de miseri mortali,

il lungo strazio e nrimediabil danno,

il pianto di costoro

per li infiniti mali

che giorno e notte lamentar gli fanno,

con singulti e affanno,

con alte voci e dolorose strida,

ciascun per s merz domanda e grida.

Questo a Dio non grato,

n puote essere ancora

a chiunche tien dumanitate un segno;

per questo ci ha mandato,

che vi dimostriam ora

quanto sie lira sua giusta e lo sdegno:

poich vede il suo regno

mancar a poco a poco, e la sua gregge,

se pe l nuovo pastor [6] non si corregge.

Tant grande la sete

di guastar quel paese

cha tutto il mondo di le leggi in pria,

che voi non vaccorgete

che le vostre contese

a li nimici vostri aprin la via.

Il signor di Turchia [7]

aguzza larmi, e tutto par chavvampi

per inundar i vostri dolci campi.

Dunque, alzate le mani

contral crudel nemico,

soccorrendo a le vostre gente afflitte;

deponete, cristiani,

questo vostro odio antico,

e contro a lui voltate larmi invitte;

altrimenti, interditte

le forze usate vi saran dal cielo,

sendo in voi spento di pietate il zelo.

Diprtasi il timore,

nimicizie e rancori,

avarizia, superbia e crudeltade;

risurga in voi lamore

de giusti e veri onori;

e torni il mondo a quella prima etade;

cos vi fien le strade

del ciel aperte a la beata gente,

n saran di virt le fiamme spente.

 

 

04
De romiti

Composto forse nel 1524

 

Negli alti gioghi del nostro Appennino,

frati sino e romiti;

or qui venuti in questa citt sino,

imper che ogni astrolago e ndovino

vhan tutti sbigottiti

(secondo che da molti inteso abbino)

che un tempo orrendo e strano

minaccia a ogni terra

peste, diluvio e guerra,

fulgor, tempeste, tremuoti e rovine,

come se gi del mondo fussi fine.

E voglion sopratutto che le stelle

influssin [8] con tantacque,

che l mondo tutto quanto si ricuopra.

Per questo, donne graziose e belle,

se mai servir vi piacque,

alcuna cosa che vi sia di sopra;

nessuna se ne scuopra

per farci alcun riparo;

per che l cielo chiaro

e ci promette un lieto carnovale:

ma chiunque crede apporsi [9], dice male.

Fien lacque il pianto di qualunche muore

per voi, o donne elette;

i tremuoti, rovine e loro affanno,

le tempeste e le guerre fien damore:

i fulgori e saette

sieno i vostri occhi, che morir gli fanno.

Non temete altro danno,

e fia quel chesser suole.

Il ciel salvar ci vuole:

e poi, chi vede il diavol daddovero,

lo vede con men corna e manco nero.

Ma pur, se l ciel volessi vendicare

e mortai falli e lonte,

e che lumana prole andassi al fondo,

di nuovo il solar carro fare dare

ne le man di Fetonte,

perch venisse ad abbruciare il mondo.

Pertanto, Iddio giocondo

da lacqua vassicura:

al fuoco abbiate cura.

Questo iudizio molto pi ci affanna,

se secondo il fallire il ciel condanna.

Pur, se credessi a quegli van romori [10],

venitene con noi

sopra la cima de nostri alti sassi;

quivi farete i vostri romitori,

veggendo piover poi

e allagar per tutti i luoghi bassi;

dove buon tempo fassi quanto in ogni altro loco:

e curerenci poco

del piover; ch chi fia lass condotto,

lacqua non temer che gli fia sotto.

 

 

05
Di uomini che vendono le pine

[forse 1508]

 

Ah, queste pine che hanno bei pinocchi,

che si stiaccion con man comeson tocchi [11]!

La pina, donne, fra le frutte sola

che non teme n acqua n gragnuola;

e che direte voi che dal pin cola

un licor chugne [12] poi tutti quei nocchi [13]?

Noi saglin in su nostri pin che nhanno:

le donne sotto a ricoglier ci stanno:

talvolta quattro o sei ne cascheranno:

s che bisogna al pin sempre aver gli occhi.

Chi dice: C di qua, marito mio;

crre questa, cr quellaltra voglio io.

Se si risponde: Si sul pin comio [14],

le ci volton le rene e fanci bocchi [15].

E dicon che le pin non son granate [16]:

e per, quando voi ne comperate,

per mano un pezzo ve le rimenate,

che qualche frappator [17] non vinfinocchi.

Queste son grosse e sode e molto belle;

se ve ne piace, venite per elle;

a chi non ha moneta donerelle,

ch l fatto non consiste in duo baiocchi.

la fatica nostra lo stracciare,

perch l pinocchio vorrebbe schizzare:

bisogna tener forte e martellare [18]:

poi non abbin pensier che ce laccocchi [19].

E pinocchi con fritti ne conviti

fanno destar li amorosi appetiti,

e tutti gli altri cibi saporiti

a rispetto di lor paiono sciocchi [20].

 

 

06
De ciurmadori

Composto probabilmente nel 1509 (Martelli)

 

Ciurmador [21] siam, che ciurmin per natura,

donne, e cercando andin nostra ventura.

Di casa di San Paulo siam discesi,

discosto nati da questi paesi;

ma qui venuti, siamo stati presi

da la vostra amorevole natura.

Noi nasciam tutti con un segno sotto,

e chi di noi lha maggiore, pi dotto;

se lo vedessi, vedresti di botto

le belle cose che sa far natura.

Piacciavi, adunque, da noi imparare

che mal vi possin queste serpi fare,

e come voi abbiate a rimediare,

che non vi accaggia [22] ognor qualche sciagura.

Questa serpe s corta e rannodata

come vedete, scorzone [23] chiamata;

quando ella in caldo e che l adirata,

di punta passerebbe unarmadura.

Laspido sordo un tristo animale,

che dinanzi e di retro ognuno assale;

ma quando e vien dinanzi, e fa men male,

ancor che facci assai maggior paura.

Questo ramarro [24], grosso e ben raccolto,

piglia piacer di veder luomo in volto;

e di voi, donne, non si cura molto:

cosa che li ha concessa la natura.

Certi lucertolotti abbiam qui drento,

chassaltono altri dreto a tradimento;

e se da prima e non danno spavento,

riesce la lor poi mala puntura.

Quanto vedete, questa serpe cresce;

se la strignete, fra le dita vesce;

poi con la pruova molto non riesce,

n pu, volendo, offender la natura.

Stnnosi queste serpi fra lerbetta,

sotto un sasso, o n qualche buca stretta;

sol questa grande di star si diletta

in un pantano o n qualche gran fessura.

Per bisogna aver gran discrezione,

quando a sedere una di voi si pone,

che non vi fussi fatto in sul groppone

qualche ferita di mala natura.

Ma se di lor non volete temere,

di questo vino e vi bisogna bere,

e questa pietra [25] appresso a voi tenere,

e che la non vi caschi abbiate cura.

Cos, ciurmate [26] poi che voi sarete,

in ogni loco a seder vi porrete;

quanto pi grosse serpe troverrete,

tanto vi parr aver maggior ventura.

 

 

 

RIME VARIE

 

 

07
A messer Bernardo

sonetto caudato composto prima del 1500

 

in villa a S. Casciano

 

Costor vissuti sono un mese, o piue,

a noce, a fichi, a fave, a carne secca,

tal chella fia malizia e non cilecca [27]

el far s lunga stanza cost sue.

Come l bue fiesolan guarda a la ngie

Arno, assetato, e mocci se ne lecca,

cos fanno ei de luova chha la trecca [28]

e, col beccaio, del castrone e del bue.

Ma, per non fare affamar le marmegge [29],

noi faren motto drieto a Daniello,

ch forse gi v qualcosa che legge,

perch, mangiando sol pane e coltello [30],

fatti abbin becchi che paion dacegge [31],

e a pena tegnn gli occhi a sportello [32].

Dite a quel mio fratello [33]

che venga a trionfar con esso voi

loca chavemo gioved da noi;

al fin del giuoco poi,

messer Bernardo mio, voi comperrete

paperi e oche, e non ne mangerete.

 

 

08
Canzone

Ballata databile tra il 1492 e il 1494

 

Se avessi larco e le ale,

giovanetto giulo,

tu saresti lo Dio chogni uomo assale.

La bocca e le parole

son larco e le saette che tu hai;

non uom sotto il sole

che nol ferisca quando tu le trai.

Ondavvien che tu fai

che n un voltar di ciglia

presto si lega e piglia ogni mortale.

Tu hai di Apollo il crine

lucido e biondo e di Medusa li occhi:

diventa sasso al fine

chiunque ti guarda, ci che vedi o tocchi:

e prudenti eli sciocchi

prende l tuo dolce vischio;

chi non mi arrischio a darti al mondo equale.

Giove, se tu riguardi

costui che bello al mondo sol si vede,

tu conoscerai tardi

aver fallito a rapir Ganimede.

Costui ogni altro eccede,

come fa l sole il rezzo:

di lui ribrezzo [34] sente ogni animale.

 

 

09
Capitolo pastorale

Composto probabilmente prima del 1494

 

Poscia che a lombra, sotto questo alloro,

veggo pascere intorno il mio armento,

vo dar principo a pi alto lavoro.

Se mai, fistula [35] dolce, il tuo concento

fe gir li sassi,fe muover le pianti,

fermar li fiumi e racchetare il vento,

mostra ora i tuoi valori uniti e tanti

che la terra ammirata e lieta resti,

rallegrisi il ciel de nostri canti;

bench altra voce e altro stil vorresti,

perch a laldar [36] tanta beltade a pieno

pi alto ingegno convien che si desti;

ch dun giovan celeste e non terreno,

di modi eccelsi, di divin costumi,

convien per uom divin le laude sino.

Porgimi dunque, Febo, de tua lumi:

se mai priego mortal da te sintende,

fa chor la mente mia oscura allumi.

Io veggo la tua faccia che raccende

pi che lusato un vivace splendore,

n vento o nube questo giorno offende;

tal che, aiutato dal tuo gran valore,

o sacro Apollo, e da tue forze, io voglio

spenderlo in far al tuo Iacinto onore.

Iacinto, il nome tuo celebrar soglio,

e, per farne memoria a chiunque vive,

lo scrivo in ogni tronco, in ogni scoglio;

di poi le tue bellezze egregie e dive,

e le tua opre atte ad onorare

qualunque di te parla o di te scrive.

El ciel la sua virt volle mostrare,

quando ci dette cosa s suprema,

per parte a noi di sue bellezze fare;

onde ogni lume innanzi a questo scema,

prima guardando quella chioma degna

di ogni corona e dogni diadema;

po lo splendor che n quella fronte regna,

con ogni parte in s considerata,

quanto natura ha di valor cinsegna.

Vedi poi il resto a quella accomodata [37];

odi il suon poi de suoi grati sermoni

da far un marmo, una pietra animata.

S che ride la terra ove l pi poni,

e rallegrasi laria dove arriva

de la tua voce li graziosi suoni.

Poi si secca lerbetta che fioriva,

quando ti parti, s che afflitta resta,

laria duolsi de tuo accenti priva.

N cosa manco degna par di questa:

dacquistar fama un natural diso,

che far la tua gloria manifesta.

Tal chi prego chi possa, o Giove dio,

fra tante tube che lo esalteranno,

far risonare un rozzo corno anchio.

Tutti pastor che n queste selve stanno,

sanza riguardo a let iuvenile,

ogni lor differenzia [38] in te posto hanno.

Tu col tuo destro ingegno e signorile,

per vari modi e per diversi inventi [39],

l fai ritornar lieti al loro ovile.

Pietoso se: se qualche miser senti

per contraria fortuna o per amore,

col tuo dolce parlar tu lo contenti.

Non che gloria tu sia dogni pastore,

come ognun veder pu, le selve adorni

quale ogni Dio di quelle abitatore.

N vi duol pi che Diana soggiorni

in cielo, o selve, n Febo curate

dAmeto a riguardar li armenti torni;

n di Ecuba il figliuol [40] pi non chiamate,

non Cefal, non Atlanta, perch pi

felice con costui, pi liete state.

In te veggo adunata ogni virt;

n maraviglia par, perch a plasmarti

non uno Dio a tanta opera fu.

Quando al principio Dio volse crearti,

el primo magisterio a Vulcan diede,

per pi bel, pi giocondo o lieto farti.

Or, po che Giove creato ti vede,

s allegro si mostra e lieto in vista,

che dubbia del suo stato Ganimede;

per che n quella terra di Acqua mista

uno spirito tal Minerva immisse,

qual mai tempo o fatica non acquista.

Intorno al capo tuo Vener poi fisse

le sua grazie immortali, e A pastori

benigno viverai e grato disse.

LOre bianche vivuole [41] e freschi fiori

colson liete di poi, e con quei suci [42]

ti sparson tutto, e con variati odori

Marte feroce, onde tu pi riluci,

nel generoso petto un core incluse

simile a Cesar duca, alli altri duci.

Uno astuto veder Mercurio infuse,

onde la lieta fortuna e li affanni

e le fatiche tieni aperte o chiuse.

Iunone un almo ne privati panni pose,

da dominare imperio e regni;

e Saturno ti di di Nestor li anni.

O don di tanti Dei, fa che tu degni

ricever me fra tuo fedel suggetti,

se aver tal servitore tu non sdegni.

E si vedr il mio canto ti diletti,

versi n tua laude gloriosi e immensi

soneran queste valle e quei poggetti;

ch sono i pensier mia in modo intensi

a compiacerti, chi desider solo,

 io, di ubbidir, tu di comandar pensi;

e bench i sia nutrito da lo stuolo

desti rozzi pastor, di te parlando

assai pi alto che lusato volo.

Ancor pi su andar mi vedrai quando

conoscer che ti sia accetto il dono,

chi venga le tue laude recitando.

Oltra di questo, ci chi ho ti dono:

tuo larmento che tu vedi; ancora

queste povere pecore tue sono.

Ma perch li quasi venuta lora

che prendon li animal qualche riposo,

e vespertilio [43] sol si vede fora,

celer quello amor chi porto ascoso

ed a casa nandr col mio armento,

sperando un d tornar pi glorioso

a cantar le tue laude, e pi contento.

 

 

10
Strambotti

 

I

 

Io spero, e lo sperar cresce l tormento:

io piango, e il pianger ciba il lasso core:

io rido, e el rider mio non passa drento:

io ardo, e larsion non par di fore:

io temo ci che io veggo e ci che io sento;

ogni cosa mi d nuovo dolore;

cos sperando, piango, rido e ardo,

e paura ho di ci che io odo e guardo.

 

 

II

 

Nasconde quel con che nuoce ogni fera:

celasi, adunque, sotto lerbe il drago:

porta la pecchia in bocca mle e cera

e dentro al piccol sen nasconde lago:

cuopre lorrido volto la pantera

e l dosso mostra dilettoso e vago;

tu mostri il volto tuo di piet pieno,

poi celi un cor crudel dentro al tuo seno.

 

 

11
Sonetto

Composto secondo il Ridolfi intorno al 1514-1515.

Forse si pu far risalire la data di composizione al settembre 1513, cio alla fase pi acuta di sgomento e angoscia determinata dalla sua vicenda personale e dal rendersi conto, passato quasi un anno dall'inizio delle sue disgrazie, che nulla cambiava e che lui stesso stava entrando nel dimenticatoio. A questo si aggiunga che proprio in quel periodo inspiegabilmente vengono a mancare le lettere del personaggio a lui pi vicino e l'unico in grado, per affetto e amicizia, di poterlo aiutare. Significativa a questo proposito mi sembra la lettera del 10 dicembre 1513 a Francesco Vettori, quando, non era ancora del tutto superata la paura andando a Firenze, credendo di scavalcare a casa sua dovesse invece scavalcare al Bargiello. Nel dicembre di quello stesso anno, terminata la scrittura del Principe, e pensando al suo utilizzo per ottenerne qualche vantaggio "di lavoro" Machiavelli appare pi "tranquillo" e pi disponibile ad accettare la propria sorte

 

[Se stessi senza pensare a voi anche solo un momento, io chiamerei felice quell'anno; mi parrebbe  leggera ogni mia pesante angoscia s'io potessi mostrarvi il dolore che provo.  / Se credessi alle vostre parole, vivrei contento l'afflizione che i vistri occhi mi danno ad ogni momento; e questi boschi lo hanno pur creduto, stanchi di ascoltare il mio lamento. / Si pu comprendere il perch di perdute ricchezze o di figliuoli o di stati o di regni anch'essi perduti, come d'ogni altra passione o angoscia. / O vita mia, che trascende ogni miseria! Mi necessario pensare solo a voi e piangere e non trovare un motivo o un atto che ha dato origine al mio pianto.]

una angosciosa testimonianza, insieme a qualche squarcio di letterera al Vettori, della condizione angosciosa in cui viveva il Machiavelli a seguito sia del suo allontanamento dall'impiego di segretario della Repubblica sia del suo arresto con conseguente tortura  a causa dell'implicazione nella congiura Boscoli-Capponi contro il cardinale De' Medici futuro Papa Leone X, ben presto rivelatasi chiaramente priva di fondamento. L'intera vicenda ha scosso profondamente le convinzioni esistenziali di Machiavelli che si sente impotente di fronte all'arcano svolgersi dei fatti umani: pi facile trovare un perch alla perdita di un regno e alla morte di un figliuolo che trovare un motivo solo che possa chiarire la sua cacciata dalla vita pubblica, anche solo un atto che potesse distruggere i tanti anni vissuti a servire fedelmente lo Stato, comportandosi con rettitudine estrema e cristallina nei confronti di tutti, mai approfittando delle situazioni per creare vantaggi personali. E quel che peggio il fatto che nella sua incredibile e assurda vicenda stata inevitabilmente coinvolta la sua famiglia.

"L'uomo povero spregevole: questa l'opinione del mondo, e se si deve vivere nel mondo bisogna evitare di essere spregevoli. uomo pratico ... Quindi il suo desiderio di rimettersi a posto; che quei signori Medici lo cominciassero ad adoperare, se dovessimo cominciare a farmi voltolare un sasso. E della fede mia non si dovrebbe dubitare, perch havendo sempre osservato la fede, io non debbo imparare hora a romperla; e chi stato fedele e buono quarantatr anni, che io ho, non debbe poter mutare natura, e della fede e bont mia ne testimonio la povert mia" (da: Ettore Janni)

 

Se sanza a voi pensar solo un momento

stessi, felice chiamerei quello anno;

parre mi lieve ogni mio greve affanno,

si potessi mostrarvi il duol chi sento.

Se voi credessi, viverei contento

le pene che vostri occhi ognor mi dnno;

e questi boschi pur creduto lhanno,

stracchi gi dascoltare il mio lamento.

Di perdute ricchezze o di figliuolo,

di stati o regni persi il fin si vede;

cos dogni altra passione e duolo.

O vita mia, chogni miseria eccede!

Cha voi pensar conviemmi e pianger solo,

n trovar al mio pianto o fine o fede.

 

 

12
Serenata

composta secondo il Ghislieri dopo il 1517

 

Salve, donna, tra le altre donne electa,

exemplo rado di belleze in terra,

o unica Phenice, alma perfecta,

in cui ogni belt si chiude et serra:

ascolta quel che l tuo servo ti detta,

poich con glochi gli fai tanta guerra,

et credi, se tu vuoi esser(e) felice,

alle vere parole che ti dice.

Non vale esser di grande et alto ingegno,

non vale haver potenza, haver valore

a qualunque non cede allo alto regno

di Vener bella et del suo figlio Amore:

di costor solo da temer lo sdegno

et lira et limplacabile furore,

ch luna donna, giovin laltro et sciolto,

et hanno a molti lo esser proprio tolto.

Onde io, non per lenir mia sorte dira

o mitigar gli affanni chio sostengo,

n per mostrare il foco che si aggira

intorno al cor, qual lacrimando spengo,

ma per pregarti che tu fugga lira

di questa Dea, con uno exemplo vengo,

acci impari a fuggir la crudel rete

ove rimase presa Anaxarete.

Avanti che litalica virtute

ponessi il suo auspicato nido

ne sette colli, et fussin conosciute

lopere de Roman(i), la fama e l grido,

furno le valli intorno possedute

da vani regi, tanto che in quel lido

pervenne Palatino alla corona,

sotto cui vixe la bella Pomona.

Nimpha non era alcuna in quella riva,

chamassi tanto i pomi quanto questa,

onde l nome da pomi le deriva,

per che hor questo con la falce annesta,

versa sopra quellaltro lacqua viva

quando il sol caldo le sua barbe infesta,

pota a quellaltro i rami secchi et torti,

et non amava se non pomi et horti.

A questi solo ella havea posto amore,

fuggendo al tutto di Venere i lacci

et le saette del fiero signore,

dispregiando suo prieghi o sua minacci;

et perch, sendo donna, havea timore

che volenza alcuno huom non le facci,

di mura lorto suo circunda et fascia,

l dove entrar mai huom per nulla lascia.

I giovanetti Satyri dintorno

gli facien vani balli per placarla;

Pan et Syleno molte volte andorno

innamorati di lei a trovarla,

et sempre dura et fredda la trovorno;

ma quel che si vedea pi caldo amarla

era Vertunno infra tutti costoro,

n pi felice viveva di loro.

Et perch la Natura di mutarsi

gli havea concesso in variati volti,

soleva alcuna volta un villan farsi

chavessi allotta i buoi dal giogo sciolti,

et hora in un soldato transformarsi,

et hor parea chavessi pomi colti:

et cos transformava sua natura

per veder sol(o) di costei la figura.

Dipoi, per quetar le fiamme accese

et per venir dogni suo vogla al fine,

limmagin duna donna vechia prese

con la rugosa fronte e l bianco crine,

et dentro a lhorto di Pomona scese

tra pomi et fructe che parn divine,

et salutolla et dixe: Figlia mia

bella, et pi bella assai se fussi pia,

beata ben tra laltre ti puoi dire,

da che con questi pomi ti compiaci.

Poi la baci, et lei pot sentire

non esser quegli duna vechia i baci,

et simulando non poter pi ire,

si pose sopra un saxo et dixe: Iaci,

figluola, se ti piace, meco alquanto,

et questo olmo che qui pon mente intanto.

Vedi ancor quella vite che lui serra

tra le suo fronde et la chiude et raccogle:

sanza quellolmo ella sarebbe in terra

et non si honoreria di tante spogle.

Lolmo, sanza la vite chegli afferra,

non harebbe altro in s che rami et fogle:

cos lun sanza laltro in poco dhora

inutil tronco, inutil legno fora.

Tu nondimanco stai proterva et dura

et non ti muovi per lo exemplo loro,

et di prehender amante non hai cura,

che dia agli anni tuoi degno ristoro,

et bench molti per la tua figura

sentino affanni assai, dogla et martoro,

se creder tu vorrai a mia consigli,

vo che Vertunno per amante pigli.

Credi a me, chil conosco: costui tama

pi che la vita sua et te sol vuole,

sol te disia in questo mondo et brama,

et non cerca altra cosa sotto il sole;

costui tuo servo per tutto si chiama,

sol di te parla, sol ti honora et cole;

tu se il suo primo amor et, se tu vuoi,

tha dedicati tucti glanni suoi.

Oltre a di questo egli giovane amante

et pu piglar qual forma pi gli piace:

come vorrai te lo vedrai davante,

pur che tu ceda allamorosa face.

Quello ama come tu gli orti et le piante,

et come te de pomi si compiace:

et questa valle intorno et queste fonti

ha sempre frequentato et questi monti.

Et benchegli ami assai i pomi et gli orti,

ogni diletto nondimanco lascia

per vederti et, veggendo, si conforti

et mitighi la fiamma che lo fascia.

Credi epso proprio a far questo ti exorti,

non una vechia che gi il tempo accascia:

habbi misericordia di chi arde;

gratie amorose mai non furon tarde.

Et se mai crudelt ti tiene o tenne

empiendo il pecto tuo damaro fele,

in Cipri io ti dir quel che ntervenne

ad una donna per esser crudele,

qual contro al regno dAmor dura venne,

proterva, iniqua, malvagia, infedele;

ma la vendetta tanto atroce et rara

fa chogni donna alle sua spese impara.

Amava Iphi, leggiadro giovinetto,

la bella et la crudele Anaxarete;

ardevagli di foco il cor nel petto

come una faccellina [44] arder vedete;

havea sempre quel volto per obiecto

che gli accendeva lamorosa sete,

et fece molte prove seco stessi

se per s spegner quel foco potessi.

Ma poi che non potette con ragione

in parte mitigar tanto furore,

davanti alle sua porte ginochione

venne piangendo ad confessar(e) lamore,

et con humle et piatoso sermone

cercava alleggerire il suo dolore,

et hor co servi, hor con la sua nutrice

 e suoi affanni et le sua dogle dice.

Talvolta qualche lettera scrivea

et le sua pene descritte mandolle,

spesso alla porta la notte ponea

fiori et grillande dal suo pianto molle [45],

et spesso, per mostrar quanto egli ardea,

dormire a pi della sua casa volle,

dove facea dun freddo saxo letto

al miser corpo, allamoroso petto.

Ma costei pi crudele era che l mare

quando da venti tempestato et mosso,

et via pi dura anchor che l ferro pare

qual da norico fuoco facto rosso,

et pi che l saxo che fuor non appare,

ma stassi anchor sotterra duro et grosso;

et con parole et con facti il dispreza,

tanto era questa donna male aveza.

Soportar questo giovin non potette

del dolor la lungheza et del tormento,

et lagrimando avanti a luscio stette

della sua donna ripien di spavento;

poi questa voce lacrimabil(e) dtte:

Tu vinci, Anaxarete. Io son contento

morire, acci che pi tu non sopporti

i mia faxtidii, et victoria ne porti.

Orna le tempie tua di verde alloro,

triompha della guerra chio ti mossi:

tu se contenta, et io contento moro,

poichaltrimenti piacerti non puossi;

et poich non ti muove il mio martoro,

come se ferro o dura pietra fossi,

godi, da che la sorte mi conduce

a mancare hor delluna et laltra luce.

Perch non ti habbia a narrare altra gente

il lieto nuntio della morte mia,

tu me vedrai co tuoi ochi pendente:

il che maggior contento assai ti fia.

Prendi, crudel, questo crudel presente

chha meritato la tua villania;

ma voi, celesti, che questo vedete,

forse di me qualche pietate harete.

Et se il prego dalcun mai vi fu grato,

se mai cedesti a nostre humane vogle,

fate che lungo tempo ricordato

sia questo mio morir, queste mie dogle,

et che mi sia per fama almanco dato

quel che dureza et crudelt mi togle .

Et cos detto, tal furor lo vinse

che ntorno al collo un capresto [46] si cinse.

Poi, pien di caldi et lacrimosi humori,

alz tucto affannato gli ochi suoi,

et dixe: Cruda, questi sono i fiori,

queste son le grillande che tu vuoi .

Infin, per terminar tanti dolori,

si lasci ir tutto pendente poi,

et nel cader parve la porta dssi

un suon(o) che del suo caso si dolessi.

Fu portato alla madre il corpo morto,

la qual lo pianse miserabilmente,

dolendosi del ciel che li fa torto,

vedendo morto il figluol crudelmente;

et non voleva udir priego et conforto,

tanto era del dolore impatente

per la sua sorte cotanto inmatura;

pur sordin di darli sepultura.

Mentre che l corpo al sepulcro nandava,

dAnaxarete alla casa pervenne,

la qual sentendo che l corpo passava,

di farsi alle finextre non si tenne;

et, come il volto di colui mirava,

 sbito pietra la crudel divenne,

ch tucto il corpo suo, con grande horrore,

divent il saxo che lhavea nel core.

Dunque, per la memoria di tal sorte

pon gi quella superbia che tu hai,

segui il regno di Venere et la corte,

se a mio modo, o Pomona, farai;

apri allo amante le serrate porte,

usa piet et piet troverrai. ‑

Et, come questo la vechia hebbe detto,

si fecie un bello et gentil giovanetto.

Talch Pomona, parte per paura,

parte commossa da s lieta faccia,

non quasi stette od obstinata o dura,

ma dal suo petto ogni crudelt caccia;

et di Vertunno assai lieta et secura

si mise voluntaria nelle braccia,

et vixe seco un gran tempo felice,

se l ver di questo chi ne scrive dice.

Donna beata a cui si canta et suona,

et voi dintorno che questo intendete,

imitate lexemplo di Pomona

et non la crudelt dAnaxarete.

Ecco il tuo servo che piange et ragiona

et di veder sol la tuo faccia ha sete,

et ti prega chal mal daltrui ti spechi

et a suoi prieghi porga un po glorechi.

Non la sua et vechia et matura,

non la vita sua tanto diversa [47],

n s brutto creato lha Natura

che tu debbi essere a suo vogle aversa.

Vedi la macilente sua figura

et daglochi le lacrime che versa,

da far piatoso un cor bench villano

et muover a suo posta un tigre hircano.

Tu sapesti con arte et con ingegno

prender costui ad gli amorosi lacci;

per convien che presto qualche segno

verso di lui benigno et lieto facci:

altrimenti ripien(o) dira et di sdegno

convien che morto alla tua porta adiacci,

poi satisfaccia allamoroso inganno

Venere idea con tuo vergogna et danno.

Da ogni parte dunque se constretta

a rispondere, o Donna, a chi ti chiama:

da lun canto ti sforza la vendetta

contro a colei che amata non ama,

da laltro canto il premio che si aspetta

ad chi seguir dAmore il regno brama;

per posa ogni vogla altera et schiva

et fa con lui felice et lieta viva.

 

13
A Giuliano
di Lorenzo de Medici

I sonetti I e II furono composti da Machiavelli in carcere, dove venne rinchiuso tra febbraio

 e marzo 1513 per essere stato coinvolto nella congiura antimedicea Boscoli-Capponi

 

I

 

Io ho, Giuliano, in gamba un paio di geti [48]

con sei tratti [49] di fune in su le spalle:

laltre miserie mie non vo contalle,

poich cos si trattano e poeti!

Menon pidocchi queste parieti

bolsi spaccati [50], che paion farfalle;

n fu mai tanto puzzo in Roncisvalle,

o in Sardigna fra quegli alboreti,

quanto nel mio s delicato ostello [51];

con un romor, che proprio par che n terra

flgori Giove e tutto Mongibello.

Lun si incatena e laltro si disferra [52]

con batter toppe, chiavi e chiavistelli [53]:

un altro grida troppo alto da terra!

Quel che mi fe pi guerra,

fu che, dormendo presso a la aurora,

cantando sentii dire: Per voi sra. [54]

Or vadin in buona ora;

purch vostra piet ver me si voglia [55],

buon padre, e questi rei lacciuol ne scioglia.

 

 

14

II

 

In questa notte, pregando le Muse,

che con lor dolce cetra e dolci carmi

dovesser visitar, per consolarmi,

Vostra Magnificenzia e far mie scuse,

una comparse a me, che mi confuse,

dicendo: Chi se tu, chosi chiamarmi?

Dissigli il nome; e lei, per straziarmi,

mi batt al volto e la bocca mi chiuse,

dicendo: Niccol non se, ma il Dazzo [56],

poich ha legato le gambe e i talloni,

e sta ci incatenato come un pazzo.

Io gli volevo dir le mie ragioni;

lei mi rispose, e disse: Va al barlazzo [57],

con quella tua commedia in guazzeroni [58].

Dtegli testimoni,

Magnifico Giulian, per lalto Iddio,

come io non sono il Dazzo, ma sono io.

 

 

15
Allo stesso

Composto nel 1513 subito dopo la scarcerazione, mentre Machiavelli si trovava all'Albergaccio di Sant'Andrea in Percussina. Il sonetto accompagnava un dono di tordi. Ho infino a qui uccellato a' tordi di mia mano. Levavomi innanzi d, impaniavo, andavone oltre con un fascio di gabbie addosso, che parevo el Geta quando e' tornava dal porto con e libri d'Amphitrione; pigliavo el meno dua, el pi sei tordi. E cos stetti tutto novembre. Di poi questo badalucco, ancora che dispettoso e strano, mancato con mio dispiacere. Cos scriveva il 10 dic. 1513 al Vettori.

 

Io vi mando, Giuliano, alquanti tordi,

non perch questo don sia buono o bello,

ma perch un del pover Machiavello

Vostra Magnificenzia si ricordi.

E se dintorno avete alcun che mordi [59],

li possiate nei denti dar con ello [60],

acci che, mentre mangia questo uccello,

di laniare [61] altrui ei si discordi.

Ma voi direte: Forse ei non faranno

leffetto che tu di, chei non son buoni

e non son grassi: ei non ne mangeranno.

Io vi risponderei a tai sermoni,

chio son maghero anchio, come lor sanno,

e spiccon [62] pur di me di buon bocconi.

Lasci lopinioni

Vostra Magnificenzia, e palpi e tocchi,

e giudichi a le mani e non agli occhi.

 

 

16
A Stanza della Barbera [63]

Il componimento secondo alcuni databile fra il 1524 e il 1525; ma forse da posticipare alla fine del 1526, quando si riannoda il rapporto fra Machiavelli e la Barbara Salutati Raffacani tornata a Firenze.

 

Questa Riccia la donna che torna pi a lungo nelle lettere del Machiavelli e al Machiavelli. Ne' suoi viaggi egli non doveva mancare d'informarsi dove si potesse passare qualche ora gradevolmente. Di Francia l'Acciaioli gli ricordava la Janna. Ma i nomi pi insistenti di donne sono di fiorentine; fra le quali da mettere la Brbera, una canterina con cui scriveva al Guicciardini aveva cenato alcune sere in compagnia di Lodovico Alamanni. S'era parlato della sua commedia La Mandragola, che il Guicciardini voleva far rappresentare, a Faenza o a Bologna; e la Brbera s'era offerta di andare co' suoi cantori a fare il coro fra gli atti: il Machiavelli avrebbe preparato le canzonette e l'Alamanni procacciato a lei e ai compagni l'alloggiamento in casa i Buosi. La donna gli riscriveva pi tardi aveva degli innamorati che potevano tentar d'impedire la venuta, ma egli sperava di poterla condurre: intanto cinque canzoni nuove erano state scritte e musicate, di cui gli mandava le parole. La musica o noi tutti o io solo ve la porteremo. Due mesi dopo il Guicciardini era a Roma e la Brbera anche, e il Machiavelli lo pregava: Dove voi gli possiate far piace-re, io ve la raccomando, perch la mi d molto pi da pensare che l'imperatore. Della commedia non pi parola. L'aveva raccomandata anche Filippo Strozzi, il quale non aveva molte speranze che si trovasse chi si dilettasse tanto di musica da farle stabilire una provvisione ferma, come pure s'era accennato da qualcuno, e prevedeva perci che presto sarebbe tornata a Firenze. Alcuni mesi dopo, nell'agosto del 1526, al campo della Lega, messer Niccol era inquieto del silenzio della donna e ne aveva scritto a Jacopo di Filippo, fornaciaio, che gli rispondeva: Anchora per detta (per la lettera del Machiavelli) intendo chome la Barbera no' v' mai ischritto e ch'aresti disiderio intendere chome ist. Di che, subito ebi la vostra, andai a trovare detta Barbera; e di gi v'aveva ischritto, e chredo l'abiate auta: e no' potei fare che io no' li dicessi una charta di vilana; i' modo me rispose che si maravigliava di me, e che non aveva uomo che la istimasi pi e che pi la potesi chomandare; ma bene che la vi faceva qualche bischencha, per vedere se voi le volete bene. E arebe disiderio voi fusi pi presto a Firenze, perch gli pare, quando voi ci siete, dormir co' gli occi vostri. Ora voi la chonoscete megio di me: non so se s' da chredergli ongni cosa. Ad ogni modo era vero che era stata via da Firenze; e ora ella prometteva di scrivere ogni settimana e lo pregava di non essere stizzito con lei. Cos scrive Ettore Janni in Machiavelli, Dall'Oglio, Milano 1927.

 

Amor, i sento lalma

arder nel foco, ovio

lieta arsi e pi che mai darder deso.

S tu mi raccendi il core,

ed io ne son contenta

e ritorno umilmente al giogo antico;

opra [64] che l mio signore

parte del foco senta

ovio tutto ardo e mie pensier nutrico;

fa che ponga in oblio

mia fuga, e dilli il mio nuovo deso.

Se col tuo valor santo

far puoi, Amor, che sempre

a lui vivuta paia in questo foco,

io sar lieta tanto,

che in le pi crude tempre [65]

il viver mi fie gioia e l morir gioco;

e sempre il canto mio

lui chiamer signor e te mio Dio.

 

 

17
Alla Barbera

 

Sa la mia immensa voglia

fussi il valor conforme,

si desteria piet l dove or dorme.

Ma perch non uguali

son le forze al deso

ne nascon tutti e mali

chio sento, o signor mio.

N doler mi possio

di voi, ma di me stesso,

poi ch i veggio e confesso

come tanta beltade

ama pi verde etade.

 

 

18
Epigrammi

 

I

La notte che mor Pier Soderini,

lanima and de linferno a la bocca;

grid Pluton: Ch inferno? anima sciocca,

va su nel limbo fra gli altri bambini.

 

II

Sappi chio non son Argo, quale io paio,

n questi occhi ch io ho, fur dArgo mai,

ma son bene occhi assai

cha principi cristian per tutto ho tratto;

e quinci avvien che l matto

Carlo re de Romani, e l Vicer

per non vedere hanno lasciato il Re.

 

Note

________________________________

 

[1] basso centro: inferno

[2] infernali: spiriti dell'inferno

[3] ci din: ci diamo, ci affidiamo

[4] sentenza: deliberazione

[5] si allude molto probabilmente all'arresto del Cardinal Soderini nel marzo 1523 accusato di alto tradimento e rinchiuso in Castel Sant'Angelo e alla susseguente rottura diplomatica del re di Francia Francesco I col Papa che ader alla Lega imperiale con Enrico VIII e Venezia.

[6] Tutto porta a pensare che possa trattarsi di Adriano VI, eletto Papa il 9 gennaio 1523 dopo 14 giorni di conclave: la sua elezione, contrastata al principio, si rivel proprio quel che dice il Machiavelli: un elemento di correzione dei mali paganeggianti della Chiesa, con la cacciata dalla corte di buffoni e donne di malaffare e il tentativo di arginare lal dilagante eresia luterana. Fu fautore, inascoltato, anche di una lega cristiana contro i Turchi che avevano da poco conquistato Belgrado. Ma il suo pontificato dur troppo poco: mor il 14 settembre 1523

[7] Aveva conquistato Belgrado e minacciava L'Ungheria  e la stessa Vienna.

[8] influssin: facciano sentire i loro benefici influssi

[9] apporsi: opporsi

[10] van romori: dicerie sulla fine del mondo

[11] a interpretare in senso osceno: le pigne hano bei pinoli che si schiacciano non appena son toccati

[12] che unge

[13] le scaglie della pigna che ricoprono i pinoli

[14] ce: - Cogni di qua, marito mio; cogliere questa, cogliere quell'altra  voglio io. ‒ Se si risponde: Sali sul pino come me, - esse ci voltano le spalle e ci fanno boccacce.

[15] ci voltano le spalle e ci fanno boccacce

[16] mature

[17] imbroglione

[18] Tutto il pezzo ha un carnascialesco sapore osceno

[19] E poi non abbiamo pensiero che ci combini qualche guaio

[20] Tutti gli altri sapori della vita sembrano sciocchi a fronte di quello dell'amore

[21] ciarlatani, cantambanchi e prestigiatori: si esibivanio nelle piazze e vendevano rimedi contro vari mali e contro il morso dei serpenti

[22] accada

[23] piccolo serpente nero molto velenoso, ma anche uomo selvatico dai modi poco urbani e un po' maneschi

[24] simbolo di timidezza e freddezza

[25] la cosiddetta pietra di San Paolo, considerata un rimedio contro il morso dei serpenti

[26] vi immunizzate contro il morso dei serpenti, e quanto pi grossi li vedrete pi vi sembrer maggiore la fortuna che avete; qui il significato comunque anche quello di ingannare.

[27] malizia e non cilecca: cattiveria e non soltanto burla

[28] rivenditrice di frutta, verdura, legumi uova e simili

[29]  insetti parassiti di pelli, peli, carni secche

[30] pane e coltello: solo pane senza companativo (condizione di povert)

[31] acegge: beccacce: siamo diventati magri come becchi di beccacce

[32] a sportello: socchiusi

[33] Totto Machiavelli

[34] ribrezzo: rispetto

[35] strumento musicale a fiato

[36] lodare, scrivere o tessere lodi

[37] accomodata: conveniente

[38] differenzia controversia

[39] inventi: accorgimenti

[40] Paride, figlio di Ecuba

[41] viole

[42] succhi

[43] pipistrello

[44] piccola fiaccola

[45] ghirlande bagnate dal suo pianto

[46] capestro

[47] crudele

[48] il geto era una striscia di cuoio con cui si legavano le zampe degli uccelli di rapine

[49] ricordo della tortura che gli era stata inflitta (per sei volte la corda venne tesa)

[50] "grossi e flosci", interpreta il Raimondi

[51] il carcere

[52] viene sciolto dai ferri

[53] rumori provocati dal battere del martello (per ferrare e sferrare), dal girare chiavi e chiavistelli, unici rumori insieme al lamento o alle grida dei carcerati

[54] ricordo delle preghiere mattutine per quelli che erano stati condannati a morte

[55] si volga

[56] Andrea Dazzi, discepolo di Marcello Virgilio Adriani, segretario della prima Cancelleria

[57] Va al barlazzo: Va in malora

[58] in guazzeroni: in pezzi

[59] che mordi: che dica maldicenze

[60] li possiate nei denti dar con ello: glieli possiate cacciare in bocca

[61] laniare: infamare, calunniare

[62] spiccon: strappano da me

[63] "A istanza della Barbara": Barbara Salutati, la cantante amata dal Machiavelli negli ultimi della sua vita

[64] opra: fa' in modo che

[65] Anche nelle condizioni pi difficili il vivere mi sar gioia e morire un gioco

 

 

 

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Ultimo aggiornamento: 21 febbraio 2005